L'Autostima e il concetto di Sè
L'Autostima e il Concetto di Sé
L'autostima può essere definita la considerazione che un individuo ha di se stesso. Vari studi hanno dimostrato che l'autostima si mantiene costante ed è difficile da modificare anche se le prove oggettive smentiscono la concezione soggettiva che uno ha di sé.
Dal punto di vista psicoanalitico, l'autostima si spiega come un appoggio di natura narcisistica che l'Io riceve dal Super-io, per cui il soggetto non teme punizioni o riprovazioni.
L'autostima viene meno negli stati di depressione in cui l'individuo disprezza e svaluta se stesso, mentre aumenta negli stati maniacali dove si ha un'ipertrofia del soggetto rispetto al mondo circostante.
L'autovalutazione, che è alla base dell'autostima, può esprimersi come sopravvalutazione o come autosvalutazione o sottovalutazione per un'errata considerazione che ciascuno può avere di se stesso rispetto agli altri o alla situazione in cui di volta in volta si trova ad operare.
Le dinamiche sottese all'oscillazione della valutazione che uno ha di sé sono in stretta relazione con il concetto di Sé e di Compensazione (meccanismi di difesa).
Dal punto di vista psicoanalitico la nozione di Sé è una acquisizione successiva al modello teorico proposto da S. Freud (Freiberg, Moravia, oggi Pribor nella repubblica Ceca, 1856- Londra 1939). Posto l'Io in relazione con l'ambiente esterno e con i suoi oggetti nascono, in contrapposizione alle rappresentanze oggettuali, le rappresentanze del Sé nell'Io.
H. Kohut (tra gli esponenti più significativi della psicologia del Sé insieme a O. Kernberg; K. Horney; B. Bettelheim e Arieti) concepisce il Sé come un sistema organizzato dei ricordi, indicati comunemente come rappresentazioni di Sé, cui è da riconoscere un significato dinamico e genetico, in quanto non si tratta di semplici contenuti mentali, ma di una costellazione psicologica organizzata che continua ad esercitare un'attiva influenza dinamica sul comportamento.
Partendo da queste premesse Kohut sollecita uno spostamento della psicologia del profondo dall'Io al Sé, in ciò sollecitato anche dalle mutate condizioni sociologiche che tengono spesso lontano i genitori dai figli, provocando nei bambini, invece della tradizionale situazione edipica, un disturbo narcisistico del Sé che ha bisogno dell'oggetto come l'organismo dell'ossigeno. Quando manca l'oggetto-madre, capace di accogliere le richieste infantili, il bambino, invece di sperimentare la "gioia del Sé intero", si raccoglie in modo narcisistico in un frammento della sua esperienza psicologica che mette capo ad un Sé difeso che è alla base di quelle due figure antropologiche che Kohut dipinge come "Uomo colpevole" che tende alla soddisfazione delle pulsioni e "Uomo tragico" volto disperatamente alla realizzazione di Sé.
Un'organica riflessione sul Sé è stata condotta da S. Arieti, per il quale i "sentimenti, le idee, le scelte e le azioni dell'uomo raggiungono il loro più alto sviluppo nella "reciprocità sociale" ma iniziano e terminano nella "intimità del Sé cosciente". Per Arieti il processo psichico non trova il suo compimento nell'adattamento o nell'autorealizzazione, ma in una meta che trascende la realtà e le potenzialità individuali e che si esprime nella "espansione del Sé", attraverso "azioni creative" che vanno dalle intuizioni dello schizofrenico alla produzione dell'artista, alla scoperta dello scienziato, che hanno in comune uno "scarto" rispetto alla logica comunemente condivisa.
Il lavoro psicoterapeutico (ad orientamento psicodinamico-psicoanalitico di media e lunga durata) va spesso a "ri-equilibrare e armonizzare" il concetto di Sé che l'individuo rappresenta attraverso l'autostima.