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La Psicologia Ospedaliera

PSICOLOGIA OSPEDALIERA

La Psicologia Ospedaliera


Il concetto di salute, così come definito dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità): “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in una assenza di malattia o d'infermità”, implica un’inscindibile unità tra la componente fisica e quella psichica della persona. Di fronte alla malattia diventa di primaria importanza tenere conto che questo binomio diventa ancora più evidente e richiede dall’ambito sanitario un approccio globale al paziente.

Negli ultimi anni si è assistito a una integrazione sempre maggiore tra le  discipline mediche e psicologiche. Infatti, se si parte dalla premessa dell’unicità mente-corpo, l’intervento in ambito sanitario deve necessariamente occuparsi di entrambi gli aspetti, risultando altrimenti carente.

L’evoluzione della medicina e della psicologia, hanno portato una sempre maggiore attenzione alla componente soggettiva del paziente, creando le condizioni per una visione più ampia dell'assistenza alla persona malata. Si abbandona la concezione del malato come "oggetto" da curare, a favore di un'ottica globale e multiprofessionale, in cui la relazione diventa il nodo centrale della cura.

L'ospedale rappresenta nell'immaginario comune il luogo di maggiore "riparazione" del danno organico, ed in tale contesto la psicologia trova una sua naturale collocazione, permettendo una visione più complessa e completa. Lavorando attraverso la relazione la psicologia si propone di operare dei cambiamenti il più possibile stabili, sia nelle aree dell'espressione sintomatica, della sofferenza psichica e di pattern di comportamenti disturbati; sia rivolgendosi alla promozione della crescita e dello sviluppo verso una maturazione personale.

La condizione di ricovero comporta un disagio di variabile entità la cui motivazione è connessa alla separazione dal nucleo familiare, alla necessità di adeguarsi ai nuovi ritmi istituzionali, alla parziale rinuncia alla privacy, allo stato di inevitabile dipendenza altrui e la conseguente perdita di autonomia personale. Tale disagio si aggiunge alla "risonanza emotiva" suscitata dalla reazione a ciascuna specifica patologia. Infatti, la presenza di una patologia organica rappresenta, sul piano soggettivo, sempre un'interruzione significativa e determinante del ciclo vitale e investe, di conseguenza, la sfera psicologica.

Ogni condizione di patologia organica comporta una quota di stress, individuale e familiare, cui si affianca uno stress aggiuntivo, spesso maggiore, connesso alle strategie con cui si affronta la malattia. Compito dell'intervento psicologico è aiutare a ridurre il più possibile tale stress aggiuntivo, che è una conseguenza indiretta della patologia.

L'ingresso dello psicologo nella struttura ospedaliera è in Italia un fatto recente, mentre in altri paesi già da qualche tempo esistono dipartimenti di psicologia nei quali il lavoro è organizzato e programmato con autonomia professionale e operativa. I servizi e i dipartimenti di psicologia, all'interno della struttura ospedaliera, comprendono vari settori: oltre a quello clinico (diagnosi, counselling e psicoterapia), anche la formazione del personale sanitario, la consulenza in reparto nonché la ricerca applicata alla realtà ospedaliera.

La malattia organica si manifesta non solo in termini fisici ed emotivi, ma soprattutto si manifesta in termini di percezione della malattia, dei suoi sintomi e dei vissuti fantasmatici.  L'intervento dello psicologo può rivolgersi direttamente ai pazienti e ai loro familiari, ma anche tradursi in attività di consulenza e supporto ai team medici e paramedici.

L'intervento psicologico è mirato a favorire il processo di accettazione, adattamento e la reazione alla patologia favorendo la relazione terapeutica con l'equipe curante, sostenendo il paziente sul piano emotivo, promuovendo l'assunzione di responsabilità individuale nel processo decisionale. Lo psicologo contribuisce a realizzare un modello di cura che comprenda maggiore attenzione alle esigenze personali ed emotive del paziente e lo renda più partecipe del proprio percorso di cura. La consulenza al paziente e ai familiari offre sostegno rispetto ai vissuti legati alla malattia, e favorisce la comprensione delle esigenze della cura, con l’obiettivo di migliorare i risultati a lungo termine del trattamento e la qualità complessiva della vita del paziente.

Una buona risposta alla malattia da un punto di vista psicologico è adattativa, sia perché riduce il disagio sia perché contribuisce a determinare una migliore reazione complessiva dell'organismo rispetto alla malattia e al suo decorso. Nell’ambito della prevenzione la presenza dello psicologo deve favorire nel paziente la ricerca della motivazione, che permette di attuare comportamenti adeguati rispetto ad una determinata malattia, evitando quelli a rischio ed adottando stili di vita sani attraverso comportamenti preventivi specifici.

Un aspetto critico del lavoro dello psicologo nel contesto ospedaliero è rappresentato dalla difficoltà di inserimento in un ambiente dove esistono modalità di lavoro e prassi operative consolidate da molti anni. Inoltre, la realtà ospedaliera che mette di fronte alla sofferenza e talvolta alla morte, può essere drammatica e coinvolgente anche per gli operatori stessi, che talora possono attivare meccanismi difensivi troppo rigidi che possono portare ad un eccessivo distacco emotivo ed una scarsa motivazione lavorativa. È perciò necessario che lo psicologo conosca la malattia per la quale è richiesto il suo intervento, le caratteristiche e le sofferenze ad esse connesse, e che impari attraverso un'adeguata formazione professionale a gestire le proprie ansie connesse ai vissuti di malattia e morte. Nella maggior parte dei casi la consulenza psicologica è richiesta dal medico per quelle reazioni emozionali del paziente e dei suoi familiari che a suo avviso necessitano di un intervento specialistico.

Talvolta, le segnalazioni possono provenire dal personale infermieristico. Inoltre, va considerato che necessariamente il contesto ospedaliero comporta l'esigenza di rielaborare e definire il setting, individuando obiettivi precisi e funzionali al paziente, operando in circostanze che richiedono tempi d’intervento brevi. Gli obiettivi sottesi al suo operare riguardano la promozione di comportamenti e stili di vita orientati alla salute psichica, la prevenzione ed individuazione delle aree di disagio, il potenziamento delle risorse individuali.

L’esperienza della malattia coinvolge infatti la persona in tutti i  suoi aspetti fisici, emozionali e relazionali; la disabilità, in particolare, “è un evento destrutturante, che obbliga ad una valutazione della condizione psicologica del paziente e delle sue relazioni, per accompagnare e guidare al meglio le reazioni emotive, per contenere l’angoscia, per individuare e sostenere la parte sana, capace dell’adattamento migliore alla situazione”.
Nell’ambito della riabilitazione si assiste quotidianamente all’esperienza della persona che, divenuta disabile, deve fare i conti con la difficoltà ed a volte l’impossibilità di recuperare un’abilità perduta; in questo caso un progetto riabilitativo globale promuove un percorso per giungere alla costruzione di un nuovo e costruttivo concetto di sé, anche attraverso l’elaborazione dell’evento traumatico, la rimodulazione delle aspettative, delle relazioni, degli affetti e degli interessi, al fine di raggiungere i livelli massimi di autonomia. Un intervento psicologico adeguato ha un fondamentale ruolo di collegamento ad integrazione dell’atto medico: supporta le modalità di approccio al paziente, le informazioni intorno alla malattia fornite alla famiglia, il linguaggio utilizzato per comunicare le ipotesi diagnostiche, prognostiche e terapeutiche.

Tutti questi aspetti riguardano la delicata relazione tra paziente, famiglia ed équipe, che richiede una particolare attenzione e competenze specifiche, non soltanto nell’area riabilitativa, ma anche in altri settori, quali l’oncologia, la pediatria, la nefrologia, i trapianti d’organo, la cardiochirurgia, eccetera.

Al fine di ottimizzare ogni intervento di cura al paziente è indispensabile rispondere ad un’ulteriore necessità: il bisogno all’interno dell’équipe di facilitare la collaborazione ed il confronto produttivo. A questo mirano altre competenze psicologiche quali le tecniche di “empowerment” nella gestione del conflitto e nell’ottimizzazione delle risorse; ad esempio si possono programmare sistematici incontri d’équipe con un supervisore-psicologo.

Come ogni team professionale, l’équipe degli operatori sanitari può usufruire di tecniche che potenziano la qualità del servizio offerto, incrementando le capacità per difendersi da specifici rischi, legati sia all’approccio multidisciplinare (figure professionali diverse che si occupano dello stesso paziente), sia all’ambito professionale (ad esempio il fenomeno del “burnout”, ovvero lo stress da lavoro sanitario).

BIBLIOGRAFIA

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Felaco R., Zullo C., Esperienze in psicologia ospedaliera. Liguiori 2005
Marchione B., L’intervento psicologico nella riabilitazione. Portale.Parma
Pastore L., Psicosomatica e salute, La prospettiva psicosomatica nell’assistenza sanitaria, Di   Renzo 2002.
Zullo C., Psicologia ospedaliera campana.   Notiziario dell’Ordine degli Psicologi

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